L’agrivoltaico è il connubio tra la produzione di energia solare e le attività agricole su un’unica area. Si configura come un’importante soluzione per la generazione di energia rinnovabile. Un asso nella manica per affrontare le sfide legate al clima, al suolo e alla produzione agricola.
Quando parliamo di agrivoltaico, non possiamo non ricordare le prospettive di crescita del mercato. Oggigiorno, infatti, si registra un aumento significativo di tale risorsa, con stime divergenti ma concordi sulla sua espansione.
In Italia, sebbene l’agrivoltaico non sia una novità assoluta e si sia iniziato a discutere di questa pratica già negli anni ’80, la sua diffusione è cresciuta gradualmente. Attualmente, con circa 1 milione di nuovi impianti fotovoltaici installati nel 2021, l’occupazione di superficie è minima, equivalente allo 0,05% del territorio. Confrontando questo dato con la superficie stradale (3% del territorio), diventa evidente quanto l’impatto dei pannelli solari sull’uso del suolo sia insignificante, soprattutto considerando i benefici complessivi.
Proiezioni future
Le proiezioni future indicano che per raggiungere gli obiettivi del piano PNIEC servirà occupare circa 405 chilometri quadrati di terreno con pannelli fotovoltaici entro il 2030. Un’area inferiore al terzo del Comune di Roma. Questo permetterebbe di aumentare la capacità solare complessiva a 52 GW. Questo contribuisce significativamente alla transizione energetica e alla fornitura di energia pulita per circa 550mila famiglie per ogni 1 GW aggiuntivo.
L’installazione di pannelli fotovoltaici su terreni agricoli non solo consente di sfruttare terreni inutilizzati o poco utilizzati, ma offre benefici concreti all’agricoltura e all’allevamento. Questi pannelli forniscono ombreggiamento al suolo sottostante, riducendo il consumo di acqua per l’irrigazione fino al 20% e proteggendo le colture dagli sbalzi di calore. Inoltre, l’uso di sensori ad alta tecnologia sui pannelli può migliorare le pratiche agricole, consentendo una gestione più precisa delle risorse idriche e dei nutrienti nel terreno, aumentando così la competitività delle aziende agricole.
Parliamo di agrivoltaico: i benefici
Al di là dei numeri, l’uso di impianti agrivoltaici a terra offre svariati benefici. Contribuisce a contrastare la crisi climatica e il riscaldamento globale, fenomeni sempre più evidenti con l’aumento delle temperature e dei periodi di siccità. Inoltre, favorisce un’agricoltura più efficiente, fondamentale considerando la prevista crescita della popolazione mondiale, che entro il 2050 dovrebbe raggiungere i 9,8 miliardi di persone, richiedendo una maggiore produzione alimentare in condizioni sempre più sfidanti. Tecnologie come l’agrivoltaico consentono di bilanciare la necessità di produrre energia rinnovabile mentre si soddisfano le richieste di consumi energetici, monitorando attentamente i parametri energetici e idrici.
L’agrivoltaico implica l’installazione di pannelli solari insieme alle colture agricole su terreni destinati all’agricoltura, facilitando un’interazione simbiotica tra energia rinnovabile e produzione agricola. Definito dalle Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici del MiTE come un sistema che preserva l’attività agricola e pastorale sul luogo di installazione. Questo approccio punta a garantire la coesistenza delle colture con i pannelli fotovoltaici, senza conflitti.
L’agrivoltaico rappresenta un pilastro della transizione energetica. Offre l’opportunità di migliorare la qualità del suolo, mitiga gli impatti del cambiamento climatico sull’agricoltura e promuove la biodiversità.
Tuttavia, non tutte le colture si adattano bene sotto i pannelli fotovoltaici. Le colture sono state categorizzate secondo la loro risposta all’ombreggiamento, con alcune come fave, insalata, patate, spinaci, luppolo considerate “molto adatte”, mentre altre come alberi da frutto, frumento e mais sono classificate come “poco adatte”.